18.7.05

Saharawi in campo, come e perch�

Luciano Ghersi - Associazione Culturale Coordinamento Tessitori
Formazione tessile nel progetto Maima - cooperative artigiane Saharawi

Ho una esperienza piu' che ventennale di tessitura a mano, con telai di vari tipi e di varie tradizioni. Ho progettato, costruito o adattato personalmente molti di questi telai. Sono convinto che il disegno del tessuto (stoffa, tappeto o arazzo che sia) dipenda in primo luogo dall'attrezzatura. Senza sapere com'e' l'attrezzatura, disegnare un tessuto sulla carta e' un astratto esercizio pittorico. Ogni disegno "creato" sulla carta poi richiede al tessitore un effettivo lavoro di progettazione, perche' lui lo realizzi con la propria attrezzatura e alla propria abilita'. In effetti, cio' succede normalmente nel sistema della moda: lo stilista concepisce astrattamente un'idea sulla carta, ma sono gli artigiani che la sviluppano, la modificano e poi la realizzano concretamente. Cosi' essi producono un articolo che, poi, naturalmente, lo stilista firmera'... e cosi' si puo' lanciare sul mercato.
Al contrario, io ritengo essenziale la creativita' concreta dell'artigiano, con le sue abilita' e con le sue attrezzature. In questo modo, ho potuto progettare e realizzare (cooperativamente) vari disegni e tipi di tessuto con artigiani dell'India, di Sri Lanka e dell'Africa (in Ghana). In questo stesso modo, ho fatto tessere persone disabili, studenti, artisti e bambini.

Quando fui consultato per il progetto della tessitura Saharawi, proposi una mia missione sul campo per accertare le abilita' disponibili, le attrezzature e i materiali (filati) reperibili sui mercati algerini, e anche per rintracciare disegni e forme espressive della cultura popolare Saharawi, tradizionale o moderna che sia. Questi disegni e forme non emergono solo nella tessitura ma pure in varie attivita' espressive, considerate umili o artistiche, a seconda dei punti di vista: dai disegni sul corpo ("tatuaggi"), ai monili, ai colori e forme di vestiti, utensili, abitazioni e bardature del bestiame, agli effimeri addobbi che decorano le feste... perche' l'arte popolare non si limita ai musei.
Naturalmente, questo "software" culturale popolare, va poi applicato e adattato allo "hard-ware" della tessitura e cioe': con dei telai, possibilmente telai tradizionali e che si possano costruire sul campo. Altrimenti, si potrebbe anche proporre uno sviluppo tecnologico appropriato. Ma dev'essere, appunto, uno sviluppo appropriato alla situazione sul campo e percio': appropriabile da parte delle Saharawi artigiane (o anche artigiani, magari), senza dipendere dall'importazione di attrezzature e pezzi di ricambio.
Va poi considerato se il lavoro andra' svolto a casa propria, in luoghi spontanei di aggregazione o in strutture specifiche come centri o scuole artigianali. Questi diversi spazi, ovviamente, condizionano i tempi (pieni, parziali o periodici) dell'attivita', il tipo di persone che si possono implicare (nubili, spose, anziane, piu' o meno istruite) con le loro diverse abilita'. Tutti fattori che, naturalmente, influiscono pure sui tipi di prodotti da progettare e da realizzare.

Quando fui contattato per il progetto della tessitura Saharawi, mi offrii dunque per una missione sul campo che durasse almeno un mese, con il primo obiettivo di indagare gli aspetti sopra elencati e con il secondo obiettivo di organizzare un laboratorio tessile sul campo, dove si producessero immediatamente campioni e prototipi di articoli tessili, finalizzati allo smercio equo e solidale.
L'evoluzione del progetto di Maima, con il suo inserimento nel Progetto Quadro Saharawi ha in qualche modo arricchito la mia primitiva impostazione. Infatti, in occasione dell?accoglienza di quattro donne Saharawi, in Toscana per due mesi, mi e' stato proposto di organizzare qui e per loro un corso preventivo di formazione. Questo corso sara' svolto quest'estate in Maremma, nel centro agri-futuristico di Chiesavecchia a Murci (Scansano, GR). La situazione sara' in qualche modo simile a quella dei campi Saharawi, perche' si soggiorna e lavora in aperta campagna, con risorse di acqua limitate e con una minima infrastruttura. Spero che qui le donne Saharawi si sentano piu' a loro agio e possano cosi' manifestare molti aspetti creativi del loro stile di vita da nomadi (poi, di rifugiate).
E' su questa abilita' di sopravvivere, adattandosi e ingegnandosi in ambienti poverissimi, che intendo basare i rapporti di formazione e di progetto dei nostri tessuti. Sul campo in Maremma, saranno disponibili telai di vario tipo, variamente presenti anche nell'area magrebina cosi' come nell'Africa Occidentale. Insieme sceglieremo i modelli piu' opportuni e realizzeremo dei campioni di tessuto con dei filati presumibilmente simili a quelli reperibili dai campi in Algeria. Questo lavoro del corso, insieme con l'affiatamento del gruppo, che condividera' con l'insegnante esperimenti tecnici, un'esperienza artistica e (non ultima) la vita quotidiana, puo' essere di grande utilita' per il successivo lavoro sul vero campo (in Algeria), che intendo realizzare nel prossimo autunno.

Firenze, 17 luglio 2005 - testo pubblicato integralmente anche su http://tesseramano.blogspot.com/

1 commento:

Anonimo ha detto...

bella l'idea dei disegni, in tutt le culture sono espressione di esistenza e di libertà